Morloi's Digital Dungeon
La crisi di mezz’età di Internet, piattaforme, persone, generazioni, strumenti.
Dec 05, 2021Questi post arrivano da una vecchia newsletter, ripescati accuratamente perché ritengo che abbiano ancora un valore. Non sono stati editati, per cui possono contenere riferimenti ormai obsoleti: anche dell'obsolescenza, oramai praticamente istantanea, dovremmo parlare, a lungo.Salve, io sono Alessandro “Morloi” Grazioli e questa è Ex-perimentia, il diario di un vecchio brontolone che guarda l’internet ed il mondo da un oblò.
Sì, lo so, avevo promesso una newsletter a settimana, e sono passati circa un paio di mesi dall’ultima: ho parecchie scusanti da spiattellare, ma sarebbe un inutile dispiegamento di bit a perdere.
Comunque sia, per tanti motivi, è giunto il momento di riprendere in mano la baracca, magari con ritmi più umani, e non c’è momento migliore del classico post di fine anno.
Oddio, sì, ci sarebbero momento migliori, ma le consuetudini globali spesso si intersecano con i bioritmi personali (e anche su questo si potrebbe discutere a lungo), per cui vi prendete quello che c’è.
In sostanza, di cosa parliamo in questa newsletter? Eh, si parla di cicli, di cambiamenti, di crescita: il 2020 pareva un accidente, il 2021 è stato un’altalena, il 2022 si presenta come una incognita e l’Internet, che non è che lo specchio della realtà, è in fibrillazione.
Al solito, in fondo, consigli nerd/boardgame/rpg/musicali. Come sempre se gradite la newsletter, diffondetela, se non vi piace, fatemelo sapere.
La crisi di mezz’età di Internet, piattaforme, persone, generazioni, strumenti
Per quanto la mia generazione possa, a buon titolo, vedere il web, i social, internet come qualcosa di nuovo, recente, addirittura “innovativo”, nei fatti è esattamente il retropensiero che ci fa percepire gli anni 90 come passati sì e no da una decina d’anni.

La stessa internet delle grandi piattaforme (web 2.0) non è roba dell’altro giorno. Proviamo a buttare giù due date:
Amazon va a profitto per la prima volta nel 2002.
Gmail viene lanciato (su invito) nel 2004.
Facebook perde il “the” e acquista il dominio Facebook.com nel 2006.
Twitter nasce nel 2006.
Google AdWords comincia ad operare a fine 2000.
Eh. Sono passati 15/20 anni, che in tempo web paiono equivalere ad ere geologiche. E uso questa definizione non a caso, perché soprattutto nell’ultimo lustro abbiamo assistito ad una vera e propria sedimentazione dell’uso del web - e di internet tutta. Questa sedimentazione la metto in relazione alla familiarità che l’opinione pubblica estesa ha acquisito con questi strumenti, che da vere e proprie stranezze, curiosità, robe da giovani, sono diventati abitudine quotidiana consolidata.
Non penso sia necessario insistere su questo punto: mia suocera, classe 41, usa Whatsapp inviando foto, meme, gif buffe e facendo videochat e segue i nipoti su Instagram. E vi assicuro che non è certo una fanatica della tecnologia.
La sedimentazione e l’abitudine hanno mano a mano costruito l’identità di strumenti e applicazioni, a volte andando anche oltre la volontà di chi ha messo in campo questi strumenti.
D’altra parte, fra le tante altre cose meravigliose, Donald A. Norman diceva:
“We must design for the way people behave,
not for how we would wish them to behave.”
Il che non è per nulla semplice, se la cosa che abbiamo pensato è in gran parte nuova.
Siamo in piena era delle piattaforme e dei servizi. Se ci fate caso di Internet, ma anche di Web, si parla pochissimo, sempre meno. Mia suocera, mentre usa Whatsapp, non sa di usare un servizio che si basa su una rete telematica interconnessa: Internet è un substrato tecnologico che è diventato trasparente (probabilmente il sopraccitato Donald A. Norman ne sarà felice, visto che la complessità trasparente è uno degli obiettivi fondamentali della sua idea di UX).
Amazon è Amazon, è una entità a se stante, così come Instagram, o Telegram, oppure TikTok. La coscienza di usare uno strumento complesso, articolato e difficile appare relegata oramai unicamente ad alcuni aspetti precisi della vita: studio e lavoro.
In quel caso ci riaccorgiamo di qualcosa di impreciso e farragginoso, agibile unicamente, o per lo meno preferibilmente, tramite quell’oggetto che non è più vissuto come innovativo, ma quasi come un fastidio: il computer.
Vado ancora più avanti: se non ci fosse stata la pandemia, nel 2020, l’home computer, il laptop, sarebbe un ricordo del passato. E con lui l’accesso al web come ancora la X-generation lo concepisce, tramite siti, ftp, download.
Arriviamo al punto: questa perdita di coscienza della globalità di una struttura tecnica e sociale come Internet, a favore della frammentazione delle piattaforme e dei brand, se in questi anni ha rappresentato il motore, prima di tutto economico e capitalistico, dell’innovazione, rischia nei prossimi anni di diventarne l’ostacolo più grande.
Nella prima fase globale di Internet, negli anni 90, early 2000, l’approccio era pionieristico e fondamentalmente caotico/anarchico: per quanto qualcuno continui a raccontarvi che prima del web2.0 l’interazione non fosse possibile, è una pura e semplice menzogna. Fin dalla sua nascita, Internet è stata pensata per l’interscambio di informazioni.

In questa fase le piattaforme e gli strumenti erano liberi e fuori dall’obiettivo del business vero e proprio: email, newsgroup, gopher, relay chat erano servizi - e standard - sviluppati principalmente da università e ambienti di ricerca, e dunque liberi.
Attualmente ci troviamo nella fase di maturità (avanzata) del cosiddetto web 2.0, quello che da metà del primo decennio del nuovo secolo ci ha accompagnato nell’era dei social network, e, contestualmente, in quella delle app e degli smartphone.
Al contrario della prima fase, di esplorazione ed anarchica, questa fase è caratterizzata da una nuova visione di liberismo capitalista piuttosto selvaggio, guidato da una generazione di imprenditori visionari e sicuramente capaci di intendere la spinta innovativa di una rete interconnessa.
Questa spinta ha creato uno scollamento fra la tecnologia/strumento sottostante e il prodotto/brand proposto da queste nuove aziende: non email, ma Gmail, non social ma Facebook (o Twitter), non streaming ma YouTube, non ecommerce, ma Amazon.
In questo contesto anche l’hardware ha giocato un ruolo fondamentale: l’avvento degli smartphone e del modello ad app ha rafforzato questa distanza.
Lo scricchiolio e il consolidamento
Le mie giunture scricchiolano, di tanto in tanto. Segno della maturità. Anche le grandi piattaforme, chi più, chi meno, cominciano a scricchiolare.
Sicuramente Facebook negli ultimi anni è stato quello che ha subito i maggiori scricchiolii: dai tempi di Boston Analytics in poi, il lavoro nella grande F è stato difficoltoso, in termini legali, tecnologici, relazionali e di business.
Questo contesto di difficoltà ha contemporaneamente delineato il suo pubblico: i ventenni del 2006 sono diventati ormai quasi quarantenni, e i nuovi ventenni non hanno tanta voglia di stare con i 40enni. Intanto i 50/60/70enni, grazie alla maturità stessa della piattaforma, l’hanno fatta loro, allontanando anche una parte dei 40enni che non si riconoscono più nelle nuove interazioni.

Vabbè, nulla di nuovo, Facebook è il social dei Boomer.
E la sua comunicazione si è adeguata: la presentazione del Metaverso (o di quello che Meta pensa sia il Metaverso) pare fatta apposta per un pubblico di next Boomer (la generazione X, alla quale appartengo) e lo stesso concetto di base non appare certamente così disruptive.
L’immaginario che genera questa idea di mondo virtuale con avatar cartoon 3d salta fuori dagli anni novanta e no, non appartiene alle nuove generazioni, non le stupisce, non le fa sognare.

Ma Facebook non è stata l’unica a soffrire: Google è nata con il “dont’ be evil”, e ci avevamo creduto. Avevamo creduto alla possibilità di un consumismo dal volto buono, ad un nuovo ecosistema “sano”, una sorta di Eden lavorativo, capace di creare valore per la società, oltre che profitto.
Chiaramente questa immagine è ormai un ricordo lontanissimo e la grande G è diventata quella presenza liquida e ingombrante che gestisce gran parte dei nostri dati, ci spia, ci segue, è ovunque, rendendoci anche vagamente paranoici.
Amazon poi è la nemesi perfetta per chiunque ad oggi: dal negoziante del centro, al deputato in parlamento, ognuno di noi, almeno una volta a settimana, si lamenta della grande A, di quanto sia cattiva, di quanto sfrutti i lavoratori, di quanto poche tasse paghi.
In realtà penso che questi scricchiolii nell’opinione pubblica, questo strisciante, ma continuo rimuginare su entità che hanno assunto un peso enorme nella nostra vita, e sulle quali non abbiamo assolutamente alcun controllo, abbia contribuito non poco al dilagare del cospirazionismo e delle teorie più strampalate: il sentirsi schiacciati fra gli ingranaggi di una macchina inconoscibile (e molto spesso anche per gli addetti ai lavori è così, basti pensare alle continue elucubrazioni che facciamo per capire come un algoritmo social funzioni) è svilente e trovare la risposta, che nessun altro conosce, ci fa sentire molto bene.
Nonostante gli scricchiolii, quel che si nota all’orizzonte è in realtà un consolidamento delle grandi piattaforme: tutte stanno lavorando nella stessa direzione e la direzione (Metaverso F a parte, che a mio personalissimo parere è una bolla), quella delle Intelligenze Artificiali, dei sistemi esperti, degli automatismi pervasivi e sempre più trasparenti (aridaje!)
Il 2022, i dati, l’empatia, la creatività
Il 2022 si apre ancora all’insegna della pandemia, con una tensione sociale forte. In questi contesti, decisamente di crisi, le cose possono andare molto male, ma è anche possibile vedere emergere energie nuove, lungo percorsi inaspettati.
Vengo da quattro giorni di immersione totale nel mondo del Digital Marketing, quattro giorni dove ho avuto modo di ascoltare molti interventi, davvero notevoli, in ambiti a tratti davvero molto tecnici.
Per anni in questi eventi si è parlato quasi esclusivamente di numeri, dati, tracciamento. Non che non si sia fatto anche in questi giorni, ma, per una serie di motivazioni, nei prossimi anni, per la prima volta da tempo, i dati in possesso di chi si occupa di strategie di comunicazione digitale caleranno.
E quelli rimanenti, molto spesso, verranno dati in pasto a dei sistemi esperti, con sempre meno controllo da parte dei professionisti.
Quindi, la parola che in questi giorni ho sentito più spesso, parlando di pianificazione, strategia, comunicazione, progetti è empatia.
Pratiche come il Design Thinking (o la fantastica declinazione di Federica Brancale, lo Strategic Thinking) sono ormai una realtà se non consolidata, sicuramente emergente in molti ambiti: l’innovazione passa da desideri, empatia, sensazioni, pur radicandosi su dati e obiettivi di business.
Ma senza empatia e creatività non si innova: ho l’impressione che sia la chiave di volta per riagganciarsi alla generazione Z e Woke, che ai nostri occhi appare così ultrasensibile e pretenziosa, lontana e egoriferita.
Ecco io mi porto a casa, per il 2022, questa sfida, quella di provare ad innovare, nel mio quotidiano, usando empatia e creatività, magari provando a rendere un po’ migliore il mondo.
Dj Morloi consiglia…
Image Dragons & JID - Enemy
Ok, è una roba un po’ fuori dal mio target solito, ma è esemplificativo di quanto dicevo sopra: Arcane è una meraviglia non solo tecnologica, ma artigianale e artistica, frutto sicuramente di uno sforzo di progettazione enorme, che ha saputo coniugare una sensibilità comunicativa enorme con obiettivi di business sicuramente non indifferenti (oh, Netflix, Legue of Legends, son milioni). Ascoltatevi la canzone, guardatevi il cartone.
Master Morloi consiglia…

Four Against Darkness - MS Edizioni
4AD è una curiosa storia editoriale. Una via di mezzo fra un GdR oldstyle e un solo dungeon crawler pen & paper. Un libretto, o meglio una serie di libretti ed espansioni, scritto da Andrea Sfiligoi, italianissimo e prolifico autore di giochi e regolamenti per wargames, prima in inglese in autoproduzione e tradotto solo recentemente in Italiano, dalla sempre ottima MS Edizioni. Un gioco fantastico, semplice e immediato, completamente fuori dal suo tempo, eppure con una delle più belle comunità online che abbia incrociato da tempo.
-Morloi-